Qualche giorno fa parlavo su Facebook con un amico e l’argomento era sui centri commerciali e le varie problematiche che essi portano in termini di business per i piccoli esercenti locali.
La situazione è ben nota, ma io mi interrogavo su eventuali soluzioni al problema, e la risposta che mi veniva fornita passava attraverso argomentazioni quali: cuneo fiscale, costo dell’energia e dei carburanti.
Certo come dargli torto, tuttavia ciò evidenzia che l’evoluzione del mondo del lavoro in Italia passa necessariamente attraverso un radicale cambiamento culturale.
In poche parole ci si sofferma sui problemi che hanno generato la crisi del lavoro, la fuga delle imprese dall’Italia, e si pensa che la soluzione passi attraverso il ripristino di situazioni precedenti, con abbassamento della pressione fiscale, riduzione del costo dell’energia, e via discorrendo.
Bene, dal mio punto di vista ci sono problemi nuovi, per i quali occorrono soluzioni nuove.
Da chi dipende il cuneo fiscale? E il costo dell’energia? Dall’imprenditore in crisi? Dal negoziante che non vende più? No ovviamente, dipendono dai “soliti noti”, qualcuno dice il Governo, i cosiddetti “poteri forti” (tanto in voga di recente), la politica, l’Europa, insomma tutti tranne chi la crisi la sta vivendo.
Quindi? Il destino delle imprese sarebbe nella mani di tutti tranne che degli imprenditori.
E’ accettabile questa situazione? Certamente no, quindi a cosa serve prendersela con le tasse, lo Stato, la politica se non porta ad una soluzione? A nulla, o meglio, serve a quello in cui noi italiani siamo bravi: lamentarci e dare sempre la colpa agli altri!
Dunque la soluzione non può passare attraverso il cuneo fiscale, costi ecc., e allora?
Allora bisogna fermarsi un attimo, riflettere, analizzare e capire.
Perché ieri i clienti entravano in negozio anche inciampando e acquistavano, e oggi non entrano nemmeno se li paghi? La gente ha smesso di comprare? Si lo so, il potere d’acquisto, la crisi, e bla bla bla….
Alcuni dati.
IL dodicesimo rapporto Censis/Ucsi (anno 2015) riferisce che il 43,5% degli utenti Internet fa acquisti on-line, cioè circa 15 milioni di italiani.
Il 32,8% di loro pone in risalto il vantaggio della comodità di farlo da casa mentre il 37,1% di loro pone invece l’accento sulla convenienza.
L’istituto Nielsen, prestigioso istituto di ricerche di mercato e performance management, ha effettuato lo scorso anno una ricerca su un campione di 13000 individui in 24 nazioni diverse.
Riguardo all’Italia è risultato che solo il 12% degli internauti è interessato alla sola fruizione di informazioni, mentre il restante 88% è interessato all’acquisto.
In occasione del Netcomm eCommerce Forum 2015 sono stati presentati i dati relativi all’e-commerce in Italia, in particolare sulla crescita degli acquisti da mobile che nel 2014 ha visto un incremento del 78% rispetto al 2013 e nel 2015 si attesta al 68%, con un valore triplicato in due anni, da un totale di 610 milioni nel 2013 a 1,8 miliardi di euro nel 2015.
Dunque caro imprenditore, la gente acquista o no? Certo che acquista, ma lo fa in modo diverso.
Quello che bisogna iniziare a fare è studiare il processo di acquisto dei tuoi clienti, soddisfare le loro esigenze e farlo nel modo che loro vogliono, non nel modo che tu pensi che vogliano.
Sei tu che devi adeguarti al mercato e non il contrario.
Restare fuori dal web è una scelta pericolosa, e vuol dire rinunciare di fatto a far parte dei numeri di cui sopra, e rimanere invece nella platea delle partite iva che soffrono, e che forse chiuderanno, dando poi la colpa alle tasse, al governo, ai costi, al buco dell’ozono e chi più ne ha più ne metta.
Occorre un radicale cambio di mentalità, una svolta culturale, bisogna iniziare a ripensare al proprio business.
Occorre mettersi in gioco, di nuovo.
Certo la rete è vasta, e un conto è esserci, un conto è fatturare, ma qui entrano in gioco fattori che dipendono (ahimè) dalla serietà e professionalità delle persone alle quali decidiamo di affidare l’incarico di posizionarsi sul web.
Il mio invito è di diffidare da coloro che dopo mezz’ora di colloquio affermano di avere la soluzione in tasca, personalmente incontro un potenziale cliente 2/3 volte per circa un’ora ogni volta, a volte basta, altre volte occorrono più incontri, e nella maggior parte del tempo non si parla di Internet, ma del suo business, dell’azienda, per definire bene un’ obiettivo oggettivamente raggiungibile con una strategia chiara e lineare, fissando appuntamenti con regolarità per la misurazione dei risultati e il ROI (ritorno dell’investimento), e/o per eventuali cambi di strategia.
Prima di pensare di poter vendere occorre posizionare il proprio brand, per cui va definita bene la nicchia di mercato in cui posizionarsi, acquisire un pubblico che segue l’attività, diventare un punto di riferimento, solo dopo si può pensare di iniziare a vendere, e il processo non deve fermarsi alla vendita ma proseguire con la fidelizzazione del cliente.
E’ un percorso in continua evoluzione, perché la rete cambia velocemente, e quello che ieri funzionava oggi potrebbe non funzionare più.
Max